A controintuitive, revelating lesson from the simplicity of meditation
What happens when we experience something we enjoy? And what if our experience is painful? Our own relationship with experience can amplify our suffering, or dramatically reduce it. Someone calls it necessary and unnecessary pain.
In this article I share the perspective of mindfulness on suffering, with the words of Henepola Gunaratana. Hopefully, this will bring light and new possibilities in your experience of this difficult, everchanging situation we're all living.
The Italian text is at the bottom.
Deep and clear vision.
Meditation is a living activity, entirely based on experience. Meditation benefits from a passionate and resolute approach.
The human condition leads each and everyone of us to suddenly to find ourselves reflecting and taking stock of the situation: it is a roller coaster of emotions and we often find ourselves at the bottom points of the ramp to desire the moments when we will be at the top: there’s a constant that subtly travels under every thought "It is not enough yet. You must have more. You have to do it better. You have to be the best."
A huge effort with little chances of success: we get stuck in the ‘if only’ syndrome. Where does it come from? It is a condition of the mind, made up of insidious and penetrating mental habits that we have built piece by piece, and only in the same way can we rebuild them, piece by piece. We can bring to light what pushes us to act automatically by doing it slowly, one piece at a time.
The building block of our experiences is change. The unceasing change, impermanence. No two moments are ever alike. Human nature has taught us some strange responses to change: we classify experiences, we try to insert each perception into three categories: good, bad , neutral. Then, depending on the category, we respond based on a series of mental reactions.
GOOD → we try to freeze time, we cling to thought, we hold it back and when it doesn't work we try at all costs to repeat the experience that had given rise to this feeling and this thought.
It is related to the habit of clinging, or attachment.
BAD → we try to reject it, deny it, get rid of it in some way. We fight against experience and we flee somewhere else through different means, including distraction.
Hence the habit of rejecting, or aversion.
NEUTRAL → unenthusiastic experiences, lacking interest. We ignore them because the mind can go back to other things, to the endless cycle of desire and aversion.
The result is the habit of ignoring, not realizing, not feeling.
Without end, this frantic race chases pleasure, feeling good, escapes from pain and ignores many of our experiences. It's a system that doesn't work. No matter how energetically you run after feeling good, there are times when pain reaches you.
Our minds are full of opinions and criticisms, we are trapped in the prison of what we like or dislike, in a word: we suffer. Mindfulness leads us to cultivate a level of functioning that does not free us from pain, but can alleviate our suffering, defined as that subtle and deep sense of restlessness or dissatisfaction, lack of fulfillment, which derives directly from the continuous work of the mind.
Mindfulness is a level of functioning in which the mind does not try to freeze time, in which we do not attach to the flow of our experiences, we do not try to block the passage of things, nor to ignore them. Perceiving the world and life in this way is very simple, and it is not easy at all, but we can learn by cultivating a seed that is already within everyone.
In a totally counterintuitive way, mindfulness is about not to practice in order to feel good, but in order to live well. Not pursuing the relief of having satisfied the impulse, the impulse to obtain, the impulse to remove.
It means living what emerges clearly, it means meeting ourselves in the flow of our own experience. To not get caught up in the processes, but to be in the presence of the human processes that happen in you, as they happen. It is about living life from a whole new point of view, free from obsession, from compulsive drive: you want something, but you don't need to start chasing it. You are afraid of something, but you are not afraid of being afraid. You don't need to eliminate the fear.
It takes time, it is not easy, but it is possible. The difficulty is reduced if I let go of the concept of what I have to do, or am about doing. Gently rest in the present moment. It is not a test of strength, it is meeting one's humanity.
We are here to be, to be able to acknowledge, not to resist.
Profonda e chiara visione.
La meditazione è un'attività vivente, del tutto basata sull'esperienza. La meditazione beneficia di un approccio appassionato e grintoso.
La condizione umana ci porta in momenti più o meno frequenti, improvvisamente a ritrovarci a ragionare tra noi tirando le somme: è una montagna russa di emozioni e spesso ci troviamo nei punti in basso della rampa a desiderare i momenti in cui saremo in alto: c'è una costante che viaggia sottile sotto ogni pensiero ‘Non va ancora bene. Devi avere di più. Lo devi fare meglio. Devi essere il migliore / la migliore’.
Un enorme sforzo con poche possibilità di riuscita: rimaniamo bloccati nella sindrome del se soltanto. Da dove arriva? È una condizione della mente, fatta di abitudini mentali insidiose e penetranti che abbiamo costruito pezzo dopo pezzo, e solo nello stesso modo possiamo ricostruirle, un pezzo per volta. Possiamo portare alla luce ciò che ci porta ad agire automaticamente facendolo lentamente, un pezzo alla volta.
Elemento costitutivo delle nostre esperienze è il cambiamento. Il cambiamento incessante, l'impermanenza. Non ci sono mai due momenti uguali. La natura umana ci ha insegnato alcune strane risposte al cambiamento: classifichiamo le esperienze, cerchiamo di inserire ogni percezione in tre categorie: buono, cattivo, neutro. Poi, a seconda della categoria, rispondiamo in base a una serie di reazioni mentali.
BUONO → cerchiamo di congelare il tempo, ci aggrappiamo al pensiero, lo tratteniamo e quando non funziona cerchiamo ad ogni costo di ripetere l'esperienza che aveva dato origine a questa sensazione e a questo pensiero.
Ne deriva l'abitudine ad aggrapparsi, o attaccamento.
CATTIVO → cerchiamo di respingerlo, negarlo, liberarcene in qualche modo. Lottiamo contro l'esperienza e fuggiamo in qualche parte di noi.
Ne deriva l'abitudine a respingere, o avversione.
NEUTRO → esperienze tiepide, prive di interesse. Le ignoriamo perché la mente possa tornare a occuparsi di altro, al ciclo senza fine di desiderio e avversione,.
Ne deriva l'abitudine a ignorare, a non accorgerci, a non sentire.
Senza fine, questa corsa affannosa rincorre il piacevole, lo stare bene, fugge dal dolore e ignora moltissime delle nostre esperienze. È un sistema che non funziona. Per quanto energicamente rincorriate lo stare bene, ci sono momenti in cui il dolore vi raggiunge.
Le nostre menti sono piene di opinioni e critiche, siamo intrappolati nella prigione di cosa ci piace o non ci piace, in una parola soffriamo. La mindfulness ci porta coltivare un livello di funzionamento che non ci libera dal dolore, ma può alleviare la nostra sofferenza intesa come quel senso sottile e profondo di inquietudine o insoddisfazione, mancato appagamento, che deriva direttamente dal continuo lavorio della mente.
La mindfulness è un livello di funzionamento nel quale la mente non cerca di congelare il tempo, nel quale non ci attacchiamo al flusso delle nostre esperienze, non cerchiamo di bloccare il passaggio delle cose, nè di ignorarle. Percepire il mondo e la vita in questo modo è molto semplice, e non è affatto facile, ma si può imparare.
Si tratta di, in modo totalmente controintuitivo, non praticare per stare bene, ma per vivere bene. Non inseguire il sollievo dell'aver soddisfatto l'impulso, l'impulso a ottenere, l'impulso a togliere.
Significa vivere ciò che emerge con chiarezza, significa incontrarsi nel flusso della propria esperienza. Non farsi travolgere dai processi, ma stare in presenza dei processi umani che accadono in voi, mentre accadono. È vivere la vita da un punto di vista tutto nuovo, liberi dall'ossessione, dalla spinta compulsiva: volete qualcosa, ma non avete bisogno di partire al suo inseguimento. Avete paura di qualcosa, ma non avete paura di aver paura. Non avete bisogno di togliere la paura.
Ci vuole tempo, non è facile, ma è possibile. La difficoltà si riduce se lascio andare il concetto di quello che devo fare, o sono prossimo a fare. Con delicatezza, aderire al momento presente. Non è una prova di forza, è incontrare la propria umanità.
Siamo qui per stare, stare per riconoscere, non per resistere.
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